SETTIMANA SANTA: VICINI A GESU' CON MARIA VALTORTA
Evangelo cap. 596.6
Mercoledì santo. L’obolo della vedova
19 giugno 1944.
Solo oggi, e con insistenza, vedo apparire la seguente visione.
Sul principio non vedo che cortili e porticati, che riconosco essere del Tempio, e Gesù, che sembra un imperatore tanto è solenne nel suo abito rosso vivo e manto pure rosso più cupo, appoggiato ad una enorme colonna quadrata che sostiene un arco del portico. Mi guarda fissamente. Mi perdo a guardarlo, beandomi di Lui che da due giorni non vedevo e non udivo.
La visione dura così per lungo tempo. E finché dura così non la scrivo, perché è gioia mia. Ma, ora che vedo animarsi la scena, comprendo che vi è dell’altro e scrivo.
Il luogo si va empiendo di gente che va e viene in ogni senso. Vi sono sacerdoti e fedeli, uomini, donne e bambini. Chi passeggia, chi, fermo, ascolta i dottori, chi si dirige trascinando agnellini o portando colombi presso altri luoghi forse di sacrificio.
Gesù sta appoggiato alla sua colonna e guarda. Non parla. Anche due volte che è stato interrogato dagli apostoli ha fatto cenno di no, ma non ha parlato. È attentissimo ad osservare. E dall’espressione pare stia giudicando chi guarda. Il suo occhio e tutto il volto mi ricorda l’aspetto che gli ho visto nella visione del Paradiso, quando giudicava le anime nel giudizio particolare. Ora, naturalmente, è Gesù, Uomo; lassù era Gesù glorioso, perciò più ancora imponente. Ma la mutabilità del volto, che osserva fissamente, è uguale. È serio, scrutatore, ma, se delle volte è di una severità da far tremare il più sfacciato, delle volte è anche così dolce, di una mestizia sorridente che pare carezzi con lo sguardo.
Pare non oda nulla. Ma deve ascoltare tutto perché, quando da un gruppo lontano parecchi metri, raccolto intorno ad un dottore, si alza una voce nasale che proclama: «Più di ogni altro comando è valido questo: quanto è per il Tempio al Tempio vada. Il Tempio è al di sopra del padre e della madre e, se alcuno vuole dare alla gloria del Signore ogni “che” che gli avanza, lo può fare e ne sarà benedetto, poiché non vi è sangue né affetto superiore al Tempio», Gesù gira lentamente la testa in quella direzione e guarda con un che… che non vorrei fosse rivolto a me.
Pare guardi in generale. Ma quando un vecchietto tremolante si accinge a salire i cinque scalini di una specie di terrazza che è prossima a Gesù, e che pare conduca ad un altro cortile più interno, e punta il bastoncello e quasi cade inciampando nella veste, Gesù allunga il suo lungo braccio e l’afferra e lo sorregge, né lo lascia sinché lo vede in sicuro. Il vecchietto alza la testa grinzosa e guarda il suo alto salvatore e mormora una parola di benedizione, e Gesù gli sorride e lo carezza sulla testa semicalva. Poi torna contro la sua colonna, e se ne stacca ancora una volta per rialzare un bambino che scivola dalla mano della madre e cade bocconi proprio ai suoi piedi, piangendo, contro il primo scalino. Lo alza, lo carezza, lo consola. La madre, confusa, ringrazia. Gesù sorride anche a lei, alla quale riconsegna il piccolo.
Ma non sorride quando passa un tronfio fariseo e neppure quando passano in gruppo degli scribi e altri che non so chi siano. Questo gruppo saluta con grande sbracciarsi e inchinarsi. Gesù li guarda così fissamente che pare li perfori, e saluta ma senza espansione. È severo. Anche ad un sacerdote che passa, e deve essere un pezzo grosso perché la folla fa largo e saluta e lui passa tronfio come un pavone, Gesù dà un lungo sguardo. Uno sguardo tale che colui, che pure è pieno di superbia, china il capo. Non saluta. Ma non resiste allo sguardo di Gesù.
Gesù cessa di guardarlo per osservare una povera donnetta vestita di marrone scuro, che sale vergognosa i gradini e va verso una parete in cui sono come delle teste di leone o simili bestie a bocca aperta. Molti vanno a quella volta. Ma Gesù pareva non aver fatto caso a loro. Ora invece segue il cammino della donnetta. Il suo occhio la guarda pietoso e si fa dolce dolce quando la vede stendere una mano e gettare nella bocca di pietra di uno di quei leoni qualche cosa. E quando la donnetta nel ritirarsi gli passa vicino, dice per il primo: «La pace a te, donna». Quella, stupita, alza il capo e resta interdetta. «La pace a te», ripete Gesù. «Va’, ché l’Altissimo ti benedice». Quella poveretta resta estatica, poi mormora un saluto e va.
«Ella è felice nella sua infelicità», dice Gesù uscendo dal suo silenzio. «Ora è felice perché la benedizione di Dio la accompagna».
«Udite, amici, e voi che mi siete intorno. Vedete quella donna? Non ha dato che due spiccioli, tanto che non basta a comperare il pasto di un passero tenuto in gabbia, eppure ha dato più di tutti quanti hanno, da quando si è aperto il Tempio all’aurora, versato il loro obolo al Tesoro del Tempio. Udite.
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