Giorgio Galli: Piombo rosso.La storia completa della lotta armata in Italia dal 1970 a oggi.Anche in Piombo rosso, il taglio del politologo consiste nel prendere in esame più che la lotta armata, il ruolo della controparte. Non più però lo stato e il sistema dei partiti ma quello "stato nello stato" che, a suo parere, è rappresentato in Italia (e non solo) dai servizi segreti. La definizione di "stato nello stato", coniata per i Templari, è a suo parere la migliore per definire la casta separata e potente dell'intelligence. Una casta, chiarisce Galli, che non si oppone allo stato, anzi spesso lavora, o ritiene di lavorare, per stabilizzarlo, ma che si muove in quasi totale autonomia. La tesi fondamentale del libro, ripetuta praticamente in ogni capitolo, è che i servizi si siano effettivamente avvalsi del terrorismo rosso. Non però, come nelle abituali ricostruzioni fantasiose, attraverso una gestione diretta del "partito armato", ma, più semplicemente, grazie a una collaudata strategia di "stop and go". Sulla matrice rivoluzionaria delle organizzazioni clandestine, l'autore dichiara a tutte lettere di non avere dubbi. Liquida come paccottiglia le voci sul presunto ruolo ambiguo di Mario Moretti, che definisce con mirabile sinteticità "un rivoluzionario onesto". In compenso è convinto che i servizi segreti abbiano seguito passo passo i gruppi armati sin dalle prime azioni, nel 1970, e che abbiano di volta in volta, a seconda delle esigenze politiche del momento, scelto se fermarli, come dopo il sequestro Dozier del 1982, oppure lasciarli agire.
Una simile impostazione rappresenta una sfida pericolosa. Si tratta di percorrere il sentiero stretto e accidentato che sta tra una giusta e probabilmente giustificata sospettosità e il consueto delirio paranoide noto come "dietrologia". In sé, l'ipotesi di Galli è tutt'altro che increbile, e non è mai stata esclusa neppure dagli ex brigatisti. Una serie di indizi, soprattutto per quanto riguarda la prima fase della lotta armata, sembrano suggerire che una simile strategia da parte dei servizi segreti possa essere stata davvero messa in opera. Tuttavia concludere, sulla base di quei comunque limitati indizi, che gli spioni nostrani avrebbero potuto arrestare i terroristi rossi in qualsiasi momento avessero voluto dal 1970 in poi è una forzatura difficilmente giustificabile. Quanto meno significa sottrarsi all'onere della prova. Un esempio per tutti. Renato Curcio fu fermato e poi rilasciato subito dopo la strage di piazza Fonatana, il 12 dicembre 1969. La stessa cosa accadde, come è facilmente comprensibile, a numerosi altri militanti di estrema sinistra in quei giorni. Dedurne che le Br erano sotto controllo sin da prima della loro nascita risulta pertanto un po' forte.
In realtà non tutti gli indizi elencati da Galli sono altrettanto fragili, sia pur tutt'altro che definitivi. Almeno sino al sequestro Moro l'autore riesce a sottrarsi come pochi altri alle sirene della dietrologia. Ma quando si arriva a via Fani quel richiamo diventa troppo forte, ed ecco tornare in campo tutti i misteri, nessuno escluso. E' un peccato che, tra i numerosi volumi consultati e citati manchi l'Odissea nel caso Moro scritta da Vladimiro Satta, risultato di una lunghissima ricerca sui materiali orginali a disposizione delle commissioni parlamentari che si sono occupate del mistero italiano per eccellenza. Lì Galli avrebbe trovato molte e documentate risposte, per esempio a proposito della scoperta del covo di via Gradoli.
Il sequestro Moro è tuttavia l'unico capitolo del libro in cui Galli cada nella dietrologia pura. La sua ipotesi è che Moretti abbia trattato con i servizi segreti, offrendo i materiali orginali degli interrogatori del prigioniero in cambio del semaforo verde per portare a termine l'operazione Fritz. Da quel momento, l'intera strategia di Moretti sarebbe stata condizionata da quel patto diabolico con i servizi. Sarebbe rimasto un "rivoluzionario onesto", ma non più libero di agire a suo piacimento. E' una variante delle fantasiose ricostruzioni "alla Flamigni", e come quelle è basata su una inesistente sostanza. Lo scarto rispetto ai modelli precedenti è tuttavia interessante perché risponde alla necessità, questa invece fondata e dimostrata nel libro, di rispettare la verità storica sul Moro politico. Un leader, come Galli dimostra, che non si accingeva a far entrare il Pci "nella stanza dei bottoni", ma a soffocarlo nel suo abbraccio mortale. Un uomo di stato italiano che non era affatto inviso all'amministrazione americana negli anni della presidenza Carter. Un democristiano che nessuno aveva interesse a eliminare per bloccare la luminosa "via italiana al socialismo".
Il caso Moro è un incidente di percorso. Subito dopo l'autore si stacca nuovamente dalla dietrologia crassa, e l'ultima parte del suo libro, quella dedicata al presente, è certamente la migliore.
(2) Piombo rosso. La storia completa della lotta armata
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