12PORTE - 18 giugno 2015: “Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciano nella barca”. È il racconto drammatico del vangelo che presenta i discepoli in balia delle onde e in grande pericolo di vita, mentre il Signore sta serenamente sul cuscino di poppa a dormire.
E anche nella prima lettura di questa domenica si parla di tempeste, in quel breve passaggio del libro di Giobbe nel quale Dio rivendica di essere a poter mettere un limite al mare tempestoso.
In mezzo, la liturgia ci offre un passo del salmo 106, che invita a rendere grazie al Signore, perché anche in mezzo alle tempeste, opera le sue meraviglie a favore degli uomini.
Ne ascoltiamo un passaggio.
Il salmo 106 è un testo piuttosto ampio, composto da quattro quadri o grandi strofe che sono tutte punteggiate da un constante invito al rendimento di grazie.
Sono descritte le situazioni drammatiche vissute da chi si trova intrappolato nel deserto, da chi sperimenta la prigionia dell’esilio, da chi è colpito dalla malattia e da ultimo dai mercanti che nel mare profondo si imbattono in una terribile tempesta.
Ed è proprio questo il quadro che viene estratto dalla liturgia di oggi, a supporto del vangelo della tempesta sedata.
Anche i marinai più esperti barcollano come ubriachi quando la nave è in balia di onde altissime.
È la situazione spaventosa, che di tanto in tanto capita nella vita, quando vedi sfuggire ogni cosa dal tuo controllo, compresa la tua stessa vita.
Nulla è più ingovernabile delle onde, la forza dell’acqua è impossibile da controllare per l’uomo.
Oltretutto il salmo ci offre una specie di insinuazione che ci turba molto: “Egli (Dio) parlò e scatenò un vento burrascoso che fece alzare le onde…”. Altro che la foglia del proverbio (Non si muove foglia….)”…
Il brano del vangelo renderà ancora più drammatica questa riflessione, raccontandoci che Gesù, nel mezzo della tempesta dormiva tranquillo sul cuscino di poppa.
È uno di quei pensieri di fronte ai quali si resta ammutoliti. Un pensiero, però, che impone soprattutto rispetto.
Quanto facile potrebbe salire l’accusa contro Dio: ci metti nei guai, poi resti assente, non ti occupi della nostra vita!
Eppure, chi ha il coraggio di andare oltre, sente quanto fa crescere un bel bagno di umiltà, il toccare con mano il proprio limite e confessare la nostra fragilità e il nostro bisogno di salvezza.
“Ringrazino Dio”, conclude il salmo e non è una lezione di buone maniere, una specie di galateo dello spirito.
Rendere grazie a Dio, è l’inizio della fede, perché rendere grazie significa proprio riconoscere di non bastare a se stessi, riconoscere chi è l’essenziale, perché Dio calma le tempeste del mare, ma anche e soprattutto le tempeste del nostro cuore inquieto.
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