I servizi segreti sapevano la provenienza della borsa che trasportava la bomba di Piazza Fontana. Ma non lo dissero ai magistrati
[14 maggio 2021]
La testimonianza del funzionario degli Affari Riservati del Viminale, Mario Ciccioni, durante il processo ai mandanti della strage di Bologna
L’Ufficio Affari Riservati del ministero dell’Interno scoprì, pochi giorni dopo la strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969, che a Padova c’era un negozio che vendeva borse identiche a quella usata per trasportare la bomba esplosa alla Banca Nazionale dell'Agricoltura, ma non informò della scoperta la magistratura, che infatti risalì a quel negozio più di tre anni dopo. Ossia solo quando una commessa del negozio si recò dai carabinieri per dire che aveva visto sul giornale una fotografia di Franco Freda, ricordando che era stato quell'uomo ad acquistare quattro borse identiche. Il fatto è emerso in Corte d'Assise a Bologna, nel corso di un'udienza del processo sulla strage del 2 agosto 1980 a carico di Paolo Bellini, Piergiorgio Segatel e Domenico Catracchia.
DIARIO DI UN PROCESSO
A gettare nuova luce sul ruolo che gli Affari riservati ebbero nell’ostacolare le indagini sull'attentato di piazza Fontana è stato Mario Ciccioni, ex funzionario di Polizia che all’epoca lavorava proprio all'Ufficio Affari riservati, nella sezione diretta da Silvano Russomanno. Fu lui stesso a recarsi a Padova nella pelletteria che, si scoprirà molto tempo dopo, aveva venduto le borse tutte identiche all'estremista neofascista.
Rispondendo alle domande della Procura generale e del legale di parte civile Andrea Speranzoni, che rappresenta i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna, Ciccioni ha raccontato che poco tempo dopo l’attentato alla Banca Nazionale dell’Agricoltura fu mandato a Padova, nell’ambito di un’indagine merceologica condotta dall'Ufficio Affari Riservati, e risalì al negozio che vendeva quel tipo di borse, che in quel momento gli inquirenti ritenevano reperibili solo all’estero.
A quel punto, ha spiegato Ciccioni, “consegnai una relazione a Russomanno, ma non so cosa ne fece”. Lo stesso Russomanno, come risulta anche da un verbale letto in aula dal sostituto pg Nicola Proto e riguardante una testimonianza resa da un altro funzionario degli Affari riservati, Guglielmo Carlucci (ora deceduto), fu mandato a Milano per seguire le indagini su piazza Fontana subito dopo l’esplosione della bomba. Elementi che, assieme al fatto che la scoperta del negozio di Padova non fu comunicata alla magistratura, secondo Speranzoni “provano che l'Ufficio Affari riservati ha gestito dal primo momento l’indagine su piazza Fontana”, indirizzandola verso la pista anarchica invece che, come sarebbe stato ovvio fare, verso gli estremisti di destra veneti di Ordine nuovo. [[ Ссылка ]]
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