Le donne che denunciano gli stupri sono ancora poche. C’è la paura di non essere credute, che lui se la cavi, che si vendichi. C’è il timore di dover rivivere tutto, negli interrogatori e durante il processo.
Colpevoli di stupro
Una serata trascorsa serenamente, poi la notte si trasforma in un incubo a occhi aperti.
E’ successo a Tania, Giulia, Greta e Alice e a molte altre donne. Solo nel 2020 in Svizzera ci sono stati 1400 casi di violenza sessuale registrati dalla polizia. Numeri che descrivono solo in parte il fenomeno: secondo alcune stime nel nostro paese una donna su dieci nel corso della sua vita subisce un atto sessuale non voluto, ma quelle che denunciano sono poche. Le donne rinunciano a chiedere giustizia per paura di non essere credute, per non dover affrontare gli interrogatori della polizia o l’iter processuale; in definitiva, per non dover rivivere altre volte la violenza subita. Questo poiché, nell’80% dei casi, la vittima conosce il suo carnefice. Molto spesso l’aggressore è il marito, il compagno, un conoscente.
Per uscire da questa situazione, diversi paesi europei hanno modificato le loro leggi: in alcuni di essi, oggi, il rapporto sessuale senza consenso è uno stupro. In Svizzera rifiutare esplicitamente un atto sessuale invece non è sufficiente: secondo la legge attuale, si può parlare di stupro soltanto se c’è stata costrizione. A livello federale è in corso una revisione del diritto penale in materia sessuale sulla quale ci sono però ancora parecchie divergenze.
Ospite in studio: Gabriela Giuria Tasville, educatrice in diritti umani e coordinatrice assistenza legale per richiedenti l’asilo e stranieri.
La puntata è andata in onda il 21.10.2021.
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