Nicole Lelli è stata uccisa a 23 anni dal suo ex compagno, il 16 novembre 2016.
Si era innamorata di Yoandris Medina Nunez, un ragazzo cubano conosciuto in un locale di ballo, e aveva scelto di seguirlo a Cuba. Nessuno giudichi senza conoscere Nicole. Non era una donna succube, non era una ragazzina che inseguiva l’amore superficialmente. Nicole era una donna giovane, ma matura, con i piedi piantati a terra e una grande fiducia nel prossimo. Convinta che le sue idee di rispetto e di apertura gioiosa al mondo fossero un bene da preservare e difendere dalla brutalità e dalla pochezza di cui l’animo umano, lo sapeva e lo sappiamo bene, è capace.
Nicole è stata uccisa all’uscita di un locale da ballo, in cui il suo ex l’ha raggiunta, non accettando la fine della loro relazione, per poi spararle in faccia pochi metri dopo essere partito con l’auto su cui l’aveva condotta per un chiarimento.
In questo video Giovanni Lelli, il papà di Nicole, con al suo fianco il figlio Claudio, ci racconta di quella figlia bella e libera che, come le streghe, è stata uccisa proprio per la consapevolezza dei suoi diritti di donna e di essere umano, compresi quelli di amare la persona che si desidera e scegliere di concludere una relazione.
Oggi, poco lontano dalla casa dei Lelli, nel parco Achille Grandi, tra la Collatina e la Prenestina, dove Nicole giocava da bambina, c’è un piccolo e importantissimo monumento, dedicato a lei e a tutte le vittime di femminicidio.
L’hanno voluto papà Giovanni e la famiglia Lelli, perché di femminicidio è importante parlare sempre, 365 giorni all’anno, non solo in occasione della Festa della Donna e della Giornata contro la violenza sulle donne. Ma non è stato facile, neppure realizzare questo monumento: per la famiglia Lelli, ottenere l’ok è stato un altro calvario, di burocrazia, soldi, tecnicismi e compromessi, perché non basta essere padre, madre e fratello di una giovane donna uccisa per chiedere alle istituzioni di togliersi la corazza e di diventare umane e sostenere, senza logiche da tifoseria, una battaglia che è, a tutti gli effetti, quella di una guerra civile, in cui ogni 72 ore perde una vita una donna e molte di più subiscono ogni tipo di violenza, sopruso e alienazione dalla dignità umana.
#robadadonne #femminicidio
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