Commento di don Paolo Quattrone - sacerdote della diocesi di Aosta, parroco di Bard, Donnas, Hône e Vert.
Domenica 24 Luglio
Domenica scorsa abbiamo visto che pregare è renderci conto che abbiamo un ospite interiore che è il Signore imparando a saper godere senza troppe ansie e paure della sua presenza; nel brano di Vangelo che viene proposto oggi, Gesù consegna ai discepoli e all’umanità intera la preghiera del Padre nostro per insegnarci con quale atteggiamento accostarci a Dio. Tutto nasce da una domanda degli apostoli che vedevano spesso Gesù assorto in preghiera e gli chiedono: “Insegnaci a pregare!”. Spesso si ribadisce l’importanza di pregare ma si spendono ben poche parole su come farlo. Gesù risponde offrendo una preghiera già pronta all’uso e confezionata, con questo non significa che il Padre nostro sia l’unica modalità per rivolgerci al Signore ma è un inizio e a mio avviso il primo aspetto interessante che emerge è che ci rivela quale debba essere il primo punto da avere ben chiaro: quando sto dinanzi a Dio non sono di fronte ad un despota, un giudice o un esaminatore ma a qualcuno che mi vuole bene, a cui posso dare del tu e che posso chiamare addirittura Padre! Nel passato nemmeno ai genitori si dava del tu mentre al Signore si può! C’è un altro aspetto interessante da sottolineare, Gesù dopo aver pronunciato la preghiera, che in Luca è più sintetica della versione di Matteo, fa l’esempio del tale che va a svegliare l’amico a mezzanotte per chiedergli dei pani: “Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte…”, e questo per rafforzare un concetto: quando preghiamo non ci stiamo rivolgendo ad un estraneo o peggio ad un nemico ma a qualcuno a cui stiamo a cuore, ad un amico. Io ho la sensazione e la fiducia che quando prego mi sto ponendo dinanzi a qualcuno che mi ama profondamente? Che ha a cuore il mio bene? Che desidera donarmi ciò di cui ho davvero bisogno? Non dobbiamo temere di metterci davanti a Dio e non dobbiamo temere di chiedergli ciò che veramente va chiesto, Lui però non è un distributore di bevande dove è sufficiente infilare le monete necessarie e cioè fare la preghiera, per ricevere ciò che desidero. Proprio perché mi ama sa cosa mi può far bene e cosa no mentre questo a noi spesso sfugge. Nel Padre nostro e nell’esempio narrato Gesù, c’è un aspetto comune: il pane. Per pregare devi riconoscere di avere fame, spesso non si prega non per mancanza di volontà o di tempo ma semplicemente perché pensiamo di non averne bisogno, riteniamo che Dio non abbia nulla a che fare con noi e non abbia nulla di interessante da offrirci. Ormai è sufficiente andare su internet per trovare ed ordinare quasi tutto, ci illudiamo che ce la caviamo sempre e solo da soli e questo forse ci illude che possiamo fare anche a meno di Dio. Ho ancora fame oppure ho già tutto? Credo che Dio abbia qualcosa che solo Lui può donarmi? Forse si tratta di quel pane quotidiano, di quella dose giornaliera per avere la forza di compiere il suo Regno cioè di fare la mia parte nel mondo agendo nel bene, nella verità e nella giustizia; per mettere amore in ciò che vivo e faccio; per perdonare perché è qualcosa più grande di me che va oltre le mie forze e il mio istinto; per reggere alle prove dell’esistenza che ci fiaccano e ci fanno arrancare. Il Padre nostro ci rammenta che non dobbiamo temere di andare da Dio perché ci vuole un sacco di bene però dobbiamo averne fame, riconoscere di averne bisogno perché solo Lui ha da offrirci un pane che nessun panettiere è in grado di darci. Con il Padre nostro chiediamo un pane, quello quotidiano, che serve ogni giorno per affrontare il presente, è come se andassimo da Dio e gli dicessimo: “Donami ciò di cui ho più bisogno per affrontare l’oggi”. Anche questa domenica inserisco il contributo dell’arte. Vi presento un’artista che difficilmente avete sentito nominare ma che ritengo essere una vera rivelazione e forza nel panorama del ‘900, si tratta della pittrice e scultrice tedesca Kathe Kollwitz (1867-1945). Mosse i primi passi con il realismo per poi approdare all’espressionismo. I protagonisti delle sue opere sono la fame, la guerra, i contadini, gli ultimi. Durante il primo conflitto mondiale perse un figlio, ciò le causerà un lungo periodo depressivo ma allo stesso tempo nella sua arte emergerà il desiderio di raccontare la verità sulla Germania di quegli anni. I bambini tedeschi hanno fame (1924) è un disegno che racconta qual era davvero la condizione di molti in quel tempo. Noi abbiamo ancora fame di Dio o siamo sazi e pensiamo di non averne più necessità?
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