Durante una seduta non mi vergogno affatto di esitare, di fare delle pause o persino balbettare deliberatamente.
Posso pronunciare in modo sbagliato una parola efficace perché è quella che voglio far sentire bene alla persona che ho di fronte.
Voglio che la parola venga recepita correttamente nella sua mente e se la pronuncia è leggermente errata sarà la persona a correggerla mentalmente, ripetendola.
In questo modo genero una auto-suggestione e si crea quell’associazione tra me e il cliente.
Io sono convinta che la persona che si sottopone ad una seduta ipnotica deve partecipare e non restare indifferente.
Deve partecipare assai più di me perché io mi limito a offrirgli una profusione di suggestioni, sapendo che nel migliore dei casi ne sceglierà una qua è un’altra la e un’altra ancora laggiù.
Il mio approccio non è quello di usare l’ipnosi nel tentativo di fare agire il soggetto in conformità a tutte le suggestioni dategli, in quanto è ovvio che non lo farà, ma di lasciarlo libero nella sua realtà che si è creato.
Un giorno mi è capitato di osservare una persona lavorare con la tecnica di lievitazione della mano e tentare faticosamente di far sollevare al soggetto prima il mignolo, poi il medio poi ancora il mignolo, l’indice, il pollice, il palmo e infine il resto. La guida era talmente concentrata sulle mani da dimenticare il soggetto!
Io durante una seduta sono sempre concentrata sulla persona. Osservo l’espressione del volto e il ritardo del battito delle palpebre, la respirazione, le pulsazioni, il tono muscolare del collo e così via.
Osservandolo capisco se il soggetto è in uno stato di trance oppure no.
Chi opera in ambito ipnotico deve partire dal presupposto che ciò che genera la trance ipnotica è la comunicazione e non c’è alcuna differenza se si tratta di comunicazione verbale, non verbale, gestuale, magnetica o telepatica.
Si tratta sempre di comunicazione.
Comprendere il significato di ciò che la persona sta comunicando è un passaggio obbligato per un ipnologo che voglia guidare un soggetto proprio attraverso quegli stessi segnali, comuni al vissuto dell’uomo, spesso manifesti ma altrettante volte nascosti nel non detto.


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