Esiste da secoli un adagio che abbiamo ascoltato tutti: “Il buon tacer non fu mai scritto”.
Da molti attribuito a Dante Alighieri, sembra più probabile che si tratti di una leggera variazione di un verso di Iacopo Badoer, un librettista e poeta italiano vissuto nel secolo diciassettesimo.
È un’espressione utilizzata sia per criticare una persona che ha detto qualcosa di inopportuno o poco intelligente, sia per invitare qualcuno a riflettere prima di dire qualcosa che potrebbe rivelarsi sbagliata o comunque fuori luogo.
Il suo significato ci spinge a considerare il fatto che la bellezza del saper tacere al momento opportuno non è mai stata lodata a sufficienza ma, a quanto vedo ogni giorno, questa bellezza non viene coltivata da molti.
Viviamo in un’epoca in cui serpeggia una sorta di “horror vacui”, di paura del vuoto, per cui tendiamo spesso a riempire di parole i momenti di condivisione, perché il silenzio ci mette a disagio e questo è uno dei motivi per cui, facendo un esempio banale, spesso siamo a disagio in ascensore quando ci troviamo con perfetti sconosciuti a dover percorrere parecchi piani.
Purtroppo, questa incapacità di rimanere in silenzio e di saper gestire i momenti di vuoto, ci spinge spesso a dire cose di poca utilità, quando va bene, ma anche cose che sarebbe molto meglio non dire.
Avrebbero dovuto educarci fin da bambini al fatto che un conto è parlare per dire qualcosa di interessante e di utile, un altro è dire qualcosa solo per prendere aria alla bocca.
Oggi vediamo insieme le sfumature del silenzio.
Buona visione!
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