Maria Valtorta – Quaderni 1945-50 - Marzo 1949: Il parallelo tra le due Passioni (1° parte)
Dice Gesù:
«Io e te. Io in te. Tu in Me. Il Cristo e il piccolo cristo. La grande Vittima e la piccola vittima. Il grande Calunniato, Tradito, Vilipeso, Condannato, senza avere diritto di farlo, e la piccola calunniata, tradita, vilipesa, condannata, senza avere diritto di farlo.
I personaggi: gli stessi, per azioni, sebbene diversi per personalità. Il giudizio di Dio severo per quelli di allora e quelli di ora, su tutti i protagonisti del dramma ingiusto o santissimo, a seconda che lo si guardi dal lato degli uomini o dei cristi.
Vieni, ché lo riviviamo insieme. E vedrai che tu sei lo specchio fedele del tuo Gesù.
Quando è incominciata la Passione? Quando il processo? Forse nella notte fra il giovedì e il venerdì? Forse davanti a Caifa nell’aula del Sinedrio? No. Molto avanti. Da quando venni alla luce.
Intorno a Me sempre contrasto di amore perfetto da parte di pochi e di odio perfetto da parte di molti. Intorno a Me sempre perfetta comprensione di pochissimi e incomprensione perfetta di moltissimi. Anche a te così. Da quando nascesti. E ne soffristi come Io ne soffrii, benché, molto più fortunato di te, ebbi per madre quella Madre. E quella Madre consolava da ogni dolore. Il suo amore, secondo in potenza e perfezione a quello del Padre mio divino, mi ripagava da ogni odio.
Mi perseguitarono gli uomini dall’infanzia. Tu pure conoscesti le ingiuste gelosie, le invidie stolte che degenerano in odio verso il perseguitato, in paura dello stesso per l’oscuro pericolo che sovrasta e preme, quando, ancor piccoletto, l’uomo non sa capacitarsi del vero valore delle cose a lui favorevoli o a lui avverse, e lo stormir d’una fronda, l’oscurità, il grido corrucciato di un uomo preso dall’ira, le incognite di una fuga assumono aspetto di grande pericolo.
Io ebbi l’esilio, ma mai era esilio perché quella Madre era meco. Tu avesti un esilio più duro, pur non essendo costretta a dimora in terra straniera, perché ti fu straniero il cuore di quella che così poco servì la carità.
Io ebbi fame. Anche tu.
Io ebbi freddo. Anche tu.
Io ebbi perdite di amicizie sin dall’infanzia. Anche tu.
Poi ebbi il lavoro precoce, superiore talora alle mie piccole forze, perché si era poveri. Anche tu avesti il lavoro precoce, superiore talora alle tue piccole forze, perché la tua casa era povera d’affetti. Non bastava al tuo gran cuore l’amor di tuo padre, l’unico, vero, grande amore che avesti dagli uomini. Servì, questa tua fame d’amore, mai saziata, a farti venire a Me in modo non comune nelle creature. Buono, quindi, il frutto del poco amore che ti dettero; ma doloroso tanto il dover gustare questa mancanza d’amore.
Non serbi rancore, in verità, per i molti che, nella parentela, o nella scuola, o nella società, non ti amarono; come Io non serbai rancore ai parenti che non mi amarono mai come avrebbero dovuto e il cui disamore, la cui incomprensione, anzi, si accrebbero più Io divenivo, da adolescente, uomo, e da uomo, il Maestro; come non serbai rancore ai nazareni concittadini, così ostili al Maestro come pochi cittadini d’altre città lo furono.
Ho pianto la morte di un padre putativo amabilissimo e giusto. Tu pure piangesti la morte di un padre amabilissimo e giusto, avvenuta quando più ti sarebbe stato necessario e dolce averlo vicino. Anche per Me sarebbe stato dolce saperlo presso alla Madre, valido difensore contro le accuse di parenti e nazareni quando il falegname Gesù fosse divenuto il rabbi Gesù. E dolce averlo presso durante la missione, nei momenti più duri di essa. E dolce averlo a sostenermi col suo amore durante le amarissime giornate del subire tradimento e del patire.
L’amore fedele di Giuseppe mi avrebbe ben consolato del tradire di Giuda! E la presenza di Giuseppe presso la Madre, sul Calvario, mi avrebbe dato una pace nel morire. Anche tu, se ora avessi qui il padre tuo, dal nome uguale a quello del Giusto, e dalla giustizia e carità così vive e paterne, soffriresti meno dell’amarezza che ti dà il tradire di molti e dell’essere sola, indifesa in tanta guerra, come Maria…
Ma queste sono le premesse remote alla vera nostra Passione, al vero nostro processo ingiusto. Andiamo più oltre, alle premesse vicine.
Io e te abbiamo sempre amato la volontà di Dio più della nostra, e sempre l’abbiamo voluta servire e compiere anteponendola ad ogni interesse e volontà nostra, non è forse vero?
Ecco allora che Io lascio la casa di Nazaret, dove molta era la pace e relativa era l’incomprensione che vi penetrava, portata da parenti e concittadini; lascio l’ancor facile e dolce Volontà del Padre a mio riguardo — essere uomo, Io che ero Dio, e dell’uomo abbracciare le diverse condizioni della carne che ha fame, sete, sonno, che sente la fatica e il disagio delle intemperie e del calore solare ed estivo, e le condizioni del morale che soffre per i lutti, o gli asti, o del non poter dare maggior agio alla Soave che mi aveva dato ..
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