25 novembre 2012
In Italia e nel mondo, questo fine settimana è dedicato alla riflessione e alla denuncia delle discriminazioni e delle violenze di cui sono vittime le donne. Ferite fisicamente e psicologicamente, spesso proprio da gli uomini che più sono loro vicine: partner, padri o conoscenti. Secondo le stime dell'Istat, in Italia una donna su tre di età compresa tra i 16 e i 70 anni è stata vittima dell'aggressività di un uomo e quasi sette milioni sono le donne che hanno subito violenza fisica e sessuale.
La nostra associazione, attraverso due comunità, uno sportello giuridico e uno d'ascolto, oltre ad un servizio diurno per donne in difficoltà, ha incontrato nell'ultimo anno 120 donne o persone transessuali (mtf) che hanno subito violenze domestiche o sessuali, mentre i progetti dedicati specificatamente alle vittime di tratta e sfruttamento sessuale sono entrati in contatto con più di 900 donne, maltrattate in famiglia, sulla strada, dai clienti, dagli sfruttatori.
E spesso, dalle minacce e percosse si passa all'omicidio: in Italia ogni tre giorni una donna viene uccisa, perché non ritenuta libera di "autodeterminarsi", perché si ribella ad una presunta "autorità" figlia di una sottocultura retrograda, che non sembra pronta ad estinguersi.
Abbiamo intervistato Mauro Melluso, da molti anni operatore di una delle nostre comunità. Gli abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza e di consegnarci le proprie considerazioni sul lavoro quotidiano a sostegno di chi è stata vittima di violenza: "in comunità sono un'eccezione di genere - ci ha spiegato -. Credo che sia importante stare a fianco delle donne che hanno subito violenza senza porsi come un sorta di salvatore. Perché nel rompere la simmetria persecutore-vittima non bisogna crearne un'altra..."
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