In "L’odio" ("La Haine", r. di Mathieu Kassovitz, 1995, FR) non c’è musica, a parte quella diegetica, ma in compenso si trova una quantità davvero inusitata di dialoghi, spesso sovrapposti. Il parlato, al quale hanno partecipato anche gli attori, è una componente fondamentale del film, perché riproduce il tipico, creativo linguaggio delle periferie parigine. Per salvaguardarlo, il film compie spesso violazioni di regole consolidate. Nel fotogramma, il primo piano sonoro è dedicato alla conversazione dei due amici sullo sfondo (in modo da dare continuità rispetto all’inquadratura precedente) e non a quella dei due sul primo piano visivo (in modo da dare rilevanza al carattere riservato della transazione che si compie più vicino agli occhi del pubblico).
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