2 AGOSTO 1980: I MANDANTI DELLA STRAGE. In aula la giornalista Antonella Beccaria - [19 gennaio 2022]
un estratto del libro di Antonella Beccaria, Dossier Bologna (edito da Paper First), in cui si ricostruiscono i fili di inchieste e processi.
Londra nera
Nel febbraio 1981, tra Firenze e Reggio Emilia, oltre a Da Silva e a Fabbri, nella rete degli inquirenti che indagavano sui furti di mobili finirono diverse altre persone. Tra queste, il fratello di Paolo Bellini, Guido, e un uomo originario di Cossignano, in provincia di Ascoli Piceno, Agostino Vallorani, accusato di ricettazione.
I due negarono di conoscersi, almeno ai tempi, ma è un fatto che nella primavera del 1992, attraverso Vallorani, Bellini conobbe anche un altro personaggio che sarebbe entrato a far parte della sua storia. Si tratta del maresciallo dei Carabinieri Roberto Tempesta che, a cavallo del sequestro di Aldo Moro, da brigadiere ebbe come superiore gerarchico il futuro generale – allora tenente colonnello – Mario Mori, nel 1978 comandante della sezione anticrimine di Roma. Poi Tempesta venne assegnato ad altri incarichi, per approdare al Nucleo Tutela Patrimonio Artistico dell’Arma.
In questa veste, per recuperare cinque dipinti trafugati il 23 gennaio 1992 dalla Pinacoteca Estense di Modena, il sottufficiale si avvalse della collaborazione di Bellini, che, a propria volta, si rivolse ad Antonino Gioè, l’uomo d’onore conosciuto a Sciacca nel 1981 e con cui aveva riallacciato i rapporti nel dicembre 1991. Seguirono l’infiltrazione in Cosa nostra, alcune fasi della trattativa Stato-mafia e le stragi del 1993 a Milano, Firenze e Roma che dovevano avere come obiettivo non più uomini dello Stato, come accaduto un anno prima con gli attentati a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ma il patrimonio artistico e architettonico.
A questo punto va sottolineato un fatto: nella storia del crimine italiano non era la prima volta in cui si pensò di attaccare le bellezze artistiche. Nel 1974, quando negli ambienti di Ordine Nuovo, disciolto il 21 novembre dell’anno precedente, si discuteva di creare una struttura militare per compiere stragi indiscriminate, il neofascista Massimiliano Fachini propose di attuare «una campagna di attentati contro opere d’arte». La strategia, dunque, sarebbe stata ripresa a quasi vent’anni di distanza.
Ma soffermiamoci su Agostino Vallorani che, nel 1997, nel corso di un’intervista televisiva, affermò: «Sì, la giustizia mi ha davvero rovinato la vita». Oltre alle disavventure giudiziarie con Paolo Bellini, nel corso della sua vita era inciampato altre volte nelle indagini della magistratura. O, meglio, nella sua versione queste erano inciampate in lui.
All’inizio, tutto era filato liscio. Nel 1973, infatti, aveva lasciato San Benedetto del Tronto per trasferirsi a Londra e aprire un negozio di antiquariato che, per qualche anno, si era rivelato un successo. Ma dieci anni dopo il giudice istruttore di Camerino, Alessandro Iacoboni, si era presentato con due carabinieri nella capitale britannica per porgli domande sulla morte di Jeannette May, ex modella ed ex baronessa de Rothschild, scomparsa insieme all’amica e traduttrice Gabriella Guerin il 29 novembre 1980 dopo aver lasciato Sarnano, provincia di Macerata, per dirigersi in montagna.
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