Quando si parla di poesia, nell’immaginario collettivo, tipicamente, prendono corpo aggettivi quali “belli”, “maledetti”, “tormentati” se non addirittura “ossessionati”. Ebbene, nonostante i luoghi comuni, per il terzo capitolo di “Swing di Parole” al Bianco Jazz Bar di Ostia Lido, il 26 Febbraio scorso, il reading di Poesia, delle poetesse Maria Teresa Laudenzi e Lucianna Argentino moderate dalla Scrittrice e Giornalista Manuela Minelli, ha svelato che non solo ci possono essere, ma possono addirittura coesistere, aggettivi di tutt’altro tono, caratura, spessore e profondità in grado di descrivere sia le Poesie che l’autore; in questo caso, le Autrici/Poetesse. Un’atmosfera rilassata, quasi da salotto fra amiche quella del Bianco Jazz Bar, dove fra un sorso di aromatico The, e le note soffuse di alcuni piacevoli brani Jazz, ascoltare buona poesia declamata direttamente dalle autrici. Per usare una metafora, senza per questo voler scivolare nella blasfemia, si è iniziato dal “vuoto”, da quel “in principio era la tenebra” di biblica memoria e da lì è iniziato un viaggio, un cammino alla ricerca dell’animo, e dell’anima; scoprire che si è liquefatta, che è divenuta inchiostro con il quale tracciare, come in una mappa, la rotta da seguire, il percorso di crescita, sincronizzato da quei cippi miliari che sono le poesie stesse. Per quanto mi riguarda, la Poesia la vivo sempre, immancabilmente, come parallelo; come una strada ferrata, come rotaie ferroviarie che mai si incontrano, se non, e qui mi vedo costretta a scavare nei miei tormenti scolastici per citare reminiscenze di postulati di Euclidea memoria: “Due rette parallele non si incontrano mai, se non in un punto all’infinito”. Ebbene quell’incontrarsi all’infinito, per me, ha il sapore della strada da percorrere, mai uguale a se stessa, dove il passato, il passaggio se preferite, porta alla scoperta, di nuove consapevolezze, che a loro volta, in maniera circolare, ma assolutamente non monotona, ripropongono nuovi percorsi, magari simili ai precedenti, ma che conducono in luoghi assai diversi. Le poesie declamate mi hanno “disegnato” questi paesaggi; ascoltandole ho avuto la netta sensazione che la necessità, l’urgenza, di quella ricerca fosse dettata proprio dal desiderio della scoperta di loro stesse che le due Poetesse non tentano, minimamente, di mascherare, dal sacro fuoco che divora l’anima ed obbliga l’intelletto a sforzarsi di capire, di comprendere, di decifrare. Un percorso, necessariamente in questo caso, che si dipana attraverso una miriade di stanze diverse, tante, almeno quante sono le possibili declinazioni delle emozioni; stanze, quelle pagine, che come contenitori ideali, divengono raccoglitori per quelle emozioni, ben catalogate ed organizzate. Il “corridoio” che le collega, e attraverso il quale provare a perdersi, è una sorta di caleidoscopio, una teoria prospettica con la quale provare ad osservare il centro di una sfera muovendosi continuamente, deliberatamente ossessivamente sulla superfice della sfera stessa, per osservare sempre lo stesso, unico, punto da infinite angolazioni; ma, essendo consapevoli che, proprio per quel suo essere infinito, diventerà, per noi, inevitabilmente finito e limitato.
Si “allunga la mano” e si recupera, una volta questa, una volta quella emozione; la si osserva, ascolta, assapora, la si interiorizza, per poi riporla, con cura e delicatezza, nello stesso “anfratto” dal quale è stata prelevata. Ci si muove, sistematicamente, in un’unica direzione, analogamente a quanto succede con il tempo, come una freccia, la freccia del tempo (per altro titolo di un ottimo libro di Martin Amis che ho letto qualche tempo fa); l’incedere inesorabile, imprescindibile, inarrestabile, implacabile, dinamicamente, e drammaticamente, statico se rapportato all’infinito. La poesia potrà piacere o non piacere, alcuni le troveranno sublimi, altri ermetiche, per taluni saranno in stile Haiku; personalmente reputo tutto questo ininfluente, non fraintendetemi, è giustificatissima la critica, qualunque essa sia, però trovo che la poesia, al di là del suo “sapore” estetico, vada assaporata con tutti e cinque i sensi. Ritengo che la poesia sia un mezzo, più che un fine, anzi, forse la poesia non ha alcun fine, se non quello di essere mezzo, ed ognuno di noi gode del privilegio di poter scegliere il tipo di mezzo da associare a quella poesia per raggiungere, qualsivoglia esso sia, un punto diverso del, o nel, suo errare per gli Oceani mari e le emerse terre.
Titolo: L’ospite indocile Titolo: Variazioni (1977-2013)
Autore: Lucianna Argentino Autore: Maria Teresa Laudenzi
Editore: Passigli Editore: Montedit
Pagine: 76 Pagine: 32
Prezzo: 12,00 Euro Prezzo: 6,50 Euro
ISBN: 978-88-368-1349-0 ISBN: 978-88-658-7537-7
Michela Cossidente
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