Reflecting on Hornbostel-Sachs’ Versuch a century later
Giornata di Studio Internazionale
a un secolo dal Versuch di Hornbostel-Sachs
A cento anni dalla sua pubblicazione, la sistematica degli
strumenti musicali, proposta da Erich M. von Hornbostel
e Curt Sachs, è passata attraverso numerosi tentativi di
integrazione, senza che venissero messe in discussione la
mirabile logica del suo impianto, la sua attitudine a estendersi
a campi inesplorati (come la classe degli elettrofoni) e a
gestire interi sotto-settori specialistici entro i quali a partire da
un singolo taxon si possono generare intere pagine di sviluppi
analitici. Le irrilevanti lacune riscontrate nel secolo trascorso
non solo non hanno scalfito l’efficienza del sistema, ma hanno
consentito di verificarne la capacità di tenuta anche rispetto
alle nuove conoscenze di acustica, meccanica e tecnologia.
Grazie ad essa, interventi sull’organizzazione interna delle
classi hanno generato nuovi sviluppi cognitivi rendendo
ancora più solido l’apparato, che è stato un fattore della loro
stessa elaborazione scientifica, come emerge dalle riflessioni
di Laurence Picken (Folk Musical Instruments of Turkey,
Oxford, Oxford University Press, 1975).
Tuttavia, la sistematica di Sachs e Hornbostel non è
purtroppo adottata in tutte le opere di catalogazione di
strumenti musicali, e molti musicologi e organologi non
fanno un uso costante di questo strumento di organizzazione
del ‘caos’, che, pur avendo finalità pragmatiche, si basa
su un trattamento sapiente del pensiero deduttivo e della
relazione mutevole tra astrazione e concretezza cui sono
sottese complesse caratteristiche epistemologiche. Infatti,
grazie ai criteri grafico-organizzativi delle strutture
rappresentate, come l’incolonnamento gerarchico e
l’applicazione della numerazione Dewey, il sistema da un
lato lavora costantemente come un apparato di relazioni
non solo formali – che vanno dai dati morfologici a quelli
funzionali e dagli aspetti oggettivi intrinseci a quelli
comportamentali del gesto dell’utilizzatore – e dall’altro
è in grado di evocare non in termini negativi (come mera
‘assenza’) la storia e l’evoluzione dell’universo degli
strumenti musicali, e si presta alla traduzione in linguaggi
informatici senza perdere la sua fisionomia.
Si impone poi un’altra rilevante considerazione: il materiale
linguistico che sta alla sua base (descrizioni dei fenomeni
sistematizzati, degli oggetti, delle pratiche di attivazione del
suono rintracciabili nei taxa) si è venuto a costituire come
un campo problematico: le versioni del testo originale non
hanno purtroppo seguito criteri uniformi, né rispettato la
complessità lessicale dell’originale, non sempre di facile
resa in altre lingue.
Alla luce di queste riflessioni e con spirito analogo a quello
con cui nel 1985 promosse il convegno sul restauro degli
strumenti musicali – che mirava anche a rilanciare accordi
internazionali sul tema – la Fondazione Ugo e Olga Levi ha
riunito i più importanti specialisti (responsabili scientifici
di musei con strumenti musicali, studiosi di organologia
ed etno-organologia, musicologi e etnomusicologi) in
un incontro internazionale affinché discutano di questo
straordinario strumento (che non ha eguali in altri ambiti
dello scibile umanistico), affrontino la soluzione dei
compiti che il suo uso oggi richiede e fondino le premesse
della carta internazionale della catalogazione di strumenti
musicali.
Febo Guizzi
[ Ссылка ]
![](https://i.ytimg.com/vi/V5r89XoqsCI/maxresdefault.jpg)