Commento di don Paolo Quattrone - sacerdote della diocesi di Aosta, parroco di Hône e Bard.
Mercoledì 10 luglio
Come ricordavo ieri, pregare è bello, ci fa bene ma vi sono insidie e soprattutto occorre essere consapevoli che il demonio fa di tutto pur di non farci pregare perché sa che ci fa bene e agisce attraverso dei nemici che è bene conoscere. Oggi ve ne descrivo due:
1. Rimandare: è rimandare ad un ipotetico momento favorevole. Non prego adesso perché non ho tempo, prima sbrigo ancora questa faccenda… e così rimando di ora in ora, di giorno in giorno, di mese in mese. Per superare questo pericolo è importante, come ricordavo nelle prime puntate del corso, darsi un programma di preghiera, decidere in quale momento della giornata mi dedico all’incontro con Dio per non rischiare di farlo solo quando capita, cioè mai o quasi mai!
2. Se mi sento: E’ lo slogan del nostro tempo, quasi fosse una filosofia di vita, e perciò questa mentalità dello spontaneismo contagia anche la preghiera e la vita di fede. Prego solo quando mi sento perché così non sono falso. E’ un inganno pensare che la preghiera abbia valore solo se mi viene spontaneo farla invece dobbiamo convincerci che ha un gran valore anche quella fatta anche un po’ controvoglia, anche quando siamo stanchi o distratti perché ciò che conta è che siamo insieme a Dio. Meglio pregare da stanchi o da distratti che non pregare. L’amore implica anche lo sforzo a volte, l’andare oltre il proprio sentire, non cadiamo nell’inganno che l’amore è solo quando c’è sentimento puro. Vi faccio questo esempio: quando un bambino piccolo piange nel cuore della notte e uno dei due genitori si deve alzare per accudirlo pensate che sono contenti di alzarsi? Viene sempre loro spontaneo? No, eppure ti alzi e anche questo è amore, anzi ancora di più perché costa ancora di più. L’amore non è spontaneità è anche compiere qualcosa che di primo acchito non mi aggrada e che però poi fa del bene a me o a qualcun altro.
![](https://i.ytimg.com/vi/W-DbF5waYDg/maxresdefault.jpg)