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Laureato in Giurisprudenza, viene assunto dall'IRI nella sede distaccata di Londra. Nell'ottobre del 1932, diventa "Impiegato del servizio operazioni finanziarie e cambi con l'estero" presso la Banca d'Italia. Nel 1937, inviato in Abissinia con l'incarico informale di stroncare un traffico clandestino di valute, scopre l'implicazione di alcuni gerarchi fascisti, inducendoli a rinunciare ai loro traffici ed attirando su di sé promesse di vendetta. Ritornato in Italia, Mussolini fa pubblicare sul Corriere della Sera un articolo in cui si manifesta la soddisfazione del Tesoro per il lavoro svolto in Abissinia; si tratta di un chiaro segnale, seppur sottinteso, per coloro che premeditavano di attentare alla sua incolumità e in particolare un segnale per il generale Graziani. Successivamente lavora presso la Comit diretta da Raffaele Mattioli.
Fino al 1944, Cuccia segue la vicenda di Mediobanca, quando Mattioli propone un "ente specializzato per i cosiddetti finanziamenti a medio termine" (in sostanza, un modo per superare la legge bancaria del 1936). Nello stesso tempo si reca spesso in Svizzera allo scopo di aiutare la Resistenza, per la quale fa da staffetta con la scusa di girare per affari della banca.
Nell'aprile 1946, Cuccia diventa il direttore della nuova società, posseduta da Credito Italiano, Comit e Banco di Roma. Il 3 novembre 1944 fa parte della delegazione italiana, composta tra gli altri da Egidio Ortona e Raffaele Mattioli, che si reca a Washington con la finalità di richiedere al governo statunitense aiuti per la ricostruzione italiana.
Mediobanca diventa in breve tempo il centro del mondo affaristico e politico italiano. Il caso più importante è sicuramente la scalata della Montedison di Giorgio Valerio da parte dell'ENI di Eugenio Cefis. Negli anni'80, Cuccia lascia l'amministrazione per raggiunti limiti di età, ma resta comunque uno degli uomini più influenti, inavvicinabile dai giornalisti.
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