La storia è quella di Don Carlo, cappellano della divisione Tridentina, elevato all’onore degli altari per una vita straordinaria di altruismo e umanità: “Ne narriamo gli aneddoti e le difficoltà, ne narriamo la grande forza e la grande fede e, insieme a lui, narriamo le storie di quei 230 mila uomini che il regime mandò al gelido macello della Russia”. Della durata di un’ora abbondante, il racconto verrà aperto dall’audio delle testimonianze di alcuni reduci, che rimbomberanno ai piedi del Guglielmo, poi la narrazione, interrotta soltanto da 6 brani suonati e cantati da Bonetti e Gozzetti, snocciolerà tutti i passaggi della cruda vicenda: l’entrata dell’Italia nella campagna di Russia, la sorte del CSIR e dell’ARMIR, gli aneddoti dal fronte e la terribile ritirata, i nove giorni durante i quali la Tridentina percorse il lunghissimo tratto di steppa gelata che divideva il fronte del Don dal villaggio di Nikolajewka. A 40 gradi sotto lo zero, senza cibo, indossando divise e calzature inadatte e bersagliata dagli attacchi dell’armata russa.
Il racconto è un condensato di guerra e fede. C’è sofferenza, ma c’è anche eroismo. Emanuele tocca i valori alpini uno a uno, in un crescendo di emozioni che toccano e aprono il cuore di tutti, fino a quell’apoteosi finale nel quale racconta trionfalmente del “Tridentina Avanti” lanciato da Reverberi.
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