Negli anni ottanta del XIX secolo, Leon Gouin e poi Filippo Vivanet, coadiuvato da Filippo Nissardi, condussero le prime indagini archeologiche, e queste riguardarono il bastione. Nel 1915 fu la volta di Antonio Taramelli che riportò alla luce il villaggio. A seguire, negli anni 50, Giovanni Lilliu studiò i reperti degli scavi precedenti e nel 1970 con Ferruccio Barreca, oltre a nuovi scavi, arrivarono i primi interventi di consolidamento. Ci furono, in seguito anche negli anni novanta, ulteriori campagne di scavo.
Il nome originario, nurache ‘e losas, significa ‘nuraghe delle tombe’, e fa riferimento alle urne cinerarie romane scavate nella roccia affiorante ai margini dell’area in cui sorge. Il complesso, interamente costruito con grossi blocchi di basalto, è costituito da un nuraghe trilobato, risalente al Bronzo medio (XV-XIV secolo a.C.), un antemurale e resti di un villaggio di capanne circolari, realizzati tra Bronzo recente ed età Del Ferro (XIII-IX a.C.).
L'enorme massa contiene al suo interno ampi vani. Accedendo dall'ingresso principale mediante un corridoio si può accedere alla torre centrale (mastio) e alle due laterali, mentre per accedere all'altra torre retrostante, si utilizza un altro accesso. Il mastio - oggi alto 13 metri, in origine di più - ha una struttura ‘classica’: ampia camera di base con tre nicchie sistemate a croce. Una rampa a spirale sale in senso orario alla piccola camera superiore, un tempo raggiungeva anche la sommità.
Attorno sono disposte le tre torri minori con camere alte e strette, unite tra loro dalla muratura che fascia l’intera struttura. Torre principale e bastione trilobato sono circondate da una lunga e poderosa muraglia a forma ovale, provvista di porte e due torrette sporgenti con pareti traforate da feritoie. L’antemurale si distende sul retro, a nord e ovest, ricomprendendo uno stretto cortile.
DESCRIZIONE TRATTA DA PORTALE RAS, SARDEGNA TURISMO
