SETTIMANA SANTA: VICINI A GESU' CON MARIA VALTORTA
Evangelo cap. 597
Mercoledì notte al Getsemani con gli apostoli
8 marzo 1945.
«Vi ho detto: “State attenti, vegliate e pregate perché non siate trovati appesantiti da sonno”. Ma Io vedo che i vostri occhi stanchi cercano di chiudersi e i vostri corpi, anche senza volere, cercano pose di riposo. Avete ragione, poveri amici miei! Il vostro Maestro ha molto voluto da voi in questi giorni, e voi siete tanto stanchi. Ma fra poche ore, ormai poche ore, sarete contenti di non avere perduto neppure un momento della mia vicinanza. Contenti sarete di non aver nulla rifiutato al vostro Gesù. Del resto, è l’ultima volta che vi parlo di queste cose di lacrime. Domani vi parlerò d’amore e vi farò un miracolo tutto d’amore. Preparatevi con una grande purificazione a riceverlo. Oh! come è più consono al mio Io parlare d’amore che parlare di castigo! Come m’è dolce dire: “Io vi amo. Venite. Per tutta la mia vita ho sognato quest’ora”! Ma è amore anche il parlare di morte. È amore in quanto la morte, per coloro che vi amano, è la suprema prova d’amore. È amore perché preparare i cari amici alla sventura è previdenza d’affetto che li vuole pronti e non sbigottiti in quell’ora. È amore perché confidare un segreto è prova della stima che si ha in coloro ai quali lo si confida.
So che avete tempestato di inchieste Giovanni per sapere che gli dissi quando rimasi con lui solo. E non avete creduto che non vi fossero parole. Ma così è. Mi è bastato avere vicino una creatura…».
«Perché allora lui e non un altro?», chiede l’Iscariota. E lo chiede con alterigia sdegnata.
Anche Pietro e con lui Tommaso e Filippo dicono: «Sì. Perché a lui e non agli altri?».
Gesù risponde all’Iscariota.
«Avresti voluto essere tu? Lo puoi pretendere?
Era un fresco e sereno mattino di adar… Io ero uno sconosciuto viandante sulla via presso il fiume… Stanco, polveroso, impallidito dal digiuno, la barba incolta, rotti i sandali, parevo un mendico per le vie del mondo… Lui mi vide… e mi riconobbe per quello sul quale era scesa la Colomba di fuoco eterno. In quella mia prima trasfigurazione certo un atomo del mio divino splendore deve essersi rivelato. Gli occhi aperti dalla Penitenza del Battista e quelli conservati angelici dalla Purezza videro ciò che gli altri non videro. E gli occhi puri portarono quella visione nel tabernacolo del cuore, ve la serrarono come perla in scrigno… Quando si alzarono dopo quasi due mesi sul lacero viandante, la sua anima mi riconobbe… Ero il suo amore. Il suo primo ed unico amore. Il primo ed unico amore non si dimentica. L’anima lo sente venire, anche se si è allontanato, lo sente venire da lontananze remote, e trasale di gioia, e sveglia la mente, e questa la carne, perché tutte partecipino al banchetto della gioia di ritrovarsi e di amarsi. E la bocca tremante mi disse: “Ti saluto, Agnello di Dio”.
Oh! fede dei puri, come sei grande! Come superi tutti gli ostacoli! Non sapeva il mio Nome. Chi ero? Donde venivo? Che facevo? Ero ricco? Ero povero? Ero sapiente? Ero ignorante? Che fa, sapere tutto questo per la fede? Aumenta o diminuisce per sapere? Egli credeva a quanto gli aveva detto il Precursore. Come stella che trasmigra, per ordine creativo, dall’uno all’altro cielo, egli s’era staccato dal suo cielo, il Battista, dalla sua costellazione, ed era venuto verso il suo nuovo cielo, il Cristo, nella costellazione dell’Agnello. Ed è la stella non la più grande, ma è la più bella e pura della costellazione d’amore.
Sono passati tre anni da allora. Stelle e stelline si sono unite e poi staccate alla mia costellazione. Talune sono precipitate e morte. Altre si sono fatte fumose per pesanti vapori. Ma egli è rimasto fisso con la sua pura luce presso la sua Polare.
Lasciatemi guardare la sua luce. Due saranno le luci nelle tenebre del Cristo: Maria, Giovanni. Ma non potrò quasi vederle tanto sarà il dolore. Lasciate che Io mi imprima nella pupilla queste quattro iridi che sono lembi di cielo fra ciglia bionde, per portare con Me, dove nessuno potrà venire, un ricordo di purezza. Tutto il peccato! Tutto sopra le spalle dell’Uomo! Oh! Oh! questa stilla di purezza!… Mia Madre! Giovanni! Ed Io!… I tre naufraghi emergenti dal naufragio di un’umanità nel mare del Peccato!
Sarà l’ora in cui Io, il rampollo della stirpe davidica, gemerò l’antico sospiro di Davide. “Dio mio, volgiti a Me. Perché mi hai abbandonato? Da Te mi allontanano le grida dei delitti che ho preso per tutti …Io sono un verme, non più un uomo, l’obbrobrio degli uomini, il rifiuto della plebe”.
E udite Isaia: “Ho abbandonato il mio corpo ai percuotitori, le mie guance a chi mi strappava la barba, non ho allontanato la faccia da chi mi oltraggiava e mi copriva di sputi”.
Udite di nuovo Davide: “Molti giovenchi mi hanno circondato, molti tori mi hanno assalito. Su di Me hanno spalancato la bocca per dilaniarmi come leoni che sbranano e ruggono. Io mi sono disciolto come acqua”...
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