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Quando due genitori hanno l’affidamento condiviso il genitore collocatario può trasferirsi in un’altra città portando con sé il figlio minore?
Lo vediamo insieme in questo video!
Ciao sono l'avv. Rita Rossi, assisto legalmente le persone che hanno problemi con le proprie relazioni familiari.
La questione che affrontiamo oggi riguarda un fenomeno piuttosto diffuso, che si verifica quando il genitore collocatario decide di trasferirsi in un’altra città con il figlio minore, magari a centinaia di kilometri dalla casa familiare, o perfino all’estero; e ciò senza il consenso dell’altro genitore, nonostante il bambino sia affidato in via condivisa ad entrambi.
Precisiamo che il genitore cd. collocatario è quello con cui il figlio minore vive in via prevalente. E ricordo poi che affidamento condiviso significa che nessuno dei due genitori può decidere da solo, escludendo l’altro, sulle questioni più importanti della vita del figlio.
Ora, non c’è dubbio che la decisione relativa al luogo di vita del figlio è una questione della massima importanza, che va, pertanto, concordata tra padre e madre.
Detto questo, proviamo ad immaginare le conseguenze dell’allontanamento arbitrario del bambino.
La prima conseguenza negativa, la più grave, è che il bambino non potrà più vedere regolarmente l’altro genitore; i tempi insieme sono destinati a diminuire e così pure le abituali consuetudini di vita, comprese quelle legate alla scuola, ai compagni, alle maestre, al tempo libero.
Al contempo, si verifica, a danno del genitore non collocatario, l’impedimento a svolgere appieno il proprio ruolo genitoriale e a prendersi cura del figlio.
Chi intenda trasferire il figlio in un’altra città deve, pertanto, chiedere e ottenere il consenso dell’altro genitore. In mancanza di tale consenso, l’interessato dovrà chiedere e ottenere l’autorizzazione del giudice al trasferimento.
E qui, ti prego di prestare la massima attenzione!
Il genitore, in quanto persona adulta, è sempre libero di trasferirsi a vivere altrove. Nessuno glielo potrà impedire, nemmeno il giudice. Il giudice è, invece, tenuto a decidere se autorizzare o meno il trasferimento del minore, e dunque dovrà accertare se vi siano motivi seri e gravi per concedere detta autorizzazione, nell’esclusivo interesse di questi.
In una causa di separazione che ho seguito recentemente, una donna di nazionalità inglese, sposata ad un italiano, e con lui abitante in Italia, ha chiesto di poter trasferirsi a Londra portando con sé il bambino di appena due anni. La donna ha spiegato di essere dirigente d’azienda, con un curriculum di tutto rispetto, ma di avere perduto il lavoro in Italia durante la pandemia, e di avere ricevuto una proposta professionale allettante da parte di un’azienda londinese. A ciò si aggiungeva il fatto che i nonni del figlioletto vivono proprio a Londra e avrebbero potuto appoggiarla nell’accudimento del piccolo.
Il padre ovviamente si è opposto e il giudice correttamente ha negato l’autorizzazione al trasferimento del bambino. Questo perché la donna non ha dimostrato l’impossibilità di trovare un lavoro equivalente in Italia; e d’altra parte, il suo curriculum vitae rendeva improbabile che non avrebbe potuto trovare una posizione adeguata in Italia. L’aspirazione della donna a svolgere una professione appagante era del tutto legittima ma essa non poteva prevalere sul diritto del minore ad avere vicino anche il proprio papà.
Quali potrebbero, essere, dunque, le ragioni valide per ottenere l’autorizzazione?
Il benestare del giudice può essere ottenuto quando la città di destinazione sia abbastanza vicina o dotata di collegamenti veloci. Anche in tal caso, beninteso, il genitore che intende trasferirsi dovrà fornire valide ragioni a fondamento della propria domanda.
Un altro caso in cui, purtroppo, l’autorizzazione potrebbe essere concessa, è quello in cui il trasferimento del figlio sia già avvenuto da molto tempo, il genitore non collocatario non abbia reagito tempestivamente, e il minore si sia stabilizzato nel nuovo ambiente. Ritrasferirlo, in tal caso, potrebbe significare un ulteriore disagio, poiché il minore dovrebbe per la seconda volta adattarsi ad un nuovo contesto di vita.
Ecco perché ho detto “purtroppo”; perché, appunto, la situazione è nata dall’iniziativa arbitraria del genitore collocatario.
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A presto, ciao!
#RitaRossi #AvvocatoFamiliarista #AffidamentoCondiviso
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