Caro personale ospedaliero: OSS, infermieri e infermiere, dottoresse, medici, io vi voglio bene e una cosa voglio dirvi a nome di tutti: GRAZIE. Voi tutti siete eccellenze italiane, ma io non vi chiamerò eroi. Voi non siete eroi, perché chi vi chiama così configura la vostra unicità, e dunque il tentativo di lasciarvi soli.
Grazie alle OSS e agli OSS, nominati solitamente per ultimi, lasciati nel magazzino retrostante e invece fondamentali: grazie. Agli infermieri e infermiere, bistrattati e graffiati dalle corse contemporanee, grazie. Medici, donne e uomini, grazie per impersonificare la cura, cioè l'attenzione più alta che si può riservare agli altri. Ai tecnici di laboratorio che fanno di tutto, compreso analizzare i tamponi. Agli assistenti sanitari che raccolgono dati e li inviano ad altri professionisti. A chi pulisce, a chi disinfetta, a chi c'è sempre anche fuori dalle luci della ribalta. Siete eccellenze italiane, voi tutti, ma io non vi chiamerò eroi. Voi non siete eroi, che se lo mettano bene in testa tutti, che voi già lo sapete. Perché chi vi chiama così, eroi, configura la vostra unicità, e dunque la possibilità di non essere come voi, perché come voi ci siete solo voi, voi siete eroi e noi continuiamo a fare i fatti nostri, vi diciamo qualche bravo e stop, finita lì, invece no! Voi personale medico di tutta Italia non siete eroi. Siete eccezionali ma non siete l'obiettivo bistrattato da Brecht, perché chi vi racconta come un'eccezione ha interesse a deresponsabilizzarsi e a mettendovi su un piedistallo vi isola, e poi domani con la stessa velocità vi mette nello sgabuzzino del dimenticatoio sociale, soli ancora una volta, isolati più ancora che con il Coronavirus. Chi vi chiama eroi io lo temo come un nemico della sanità pubblica, perché gli eroi sono eccezioni e dunque non si pagano, si possono un po' sfruttare, cambiare orari, dare poche risorse, gli eroi non sono imitabili, sono qualcosa d'altro rispetto a noi. Per questo non siete eroi, perché siete come noi, ma migliori di molti di noi. Voi siete un'eccellenza.
Grazie. La più sfrontata delle parole, tutta per voi che lavorate negli ospedali, in queste condizioni e in questo momento. E chi se lo scorda domani, quando tutto sarà passato, si dice a Firenze, "gli è da prendere a labbrate nel muso"- Grazie: la più sfacciata, spudorata, impudente delle espressioni, perché non chiede niente in cambio ma riconosce. E riconoscersi è oggi la cosa che più conta. Magari a distanza di un metro, ma essere presenti, non aver paura di togliersi il cappello di fronte alle eccellenze italiane. GRAZIE, vi si vuole bene tenero come a un bambino piccino, voi così grandi.
Saverio Tommasi
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