Commento di don Paolo Quattrone - sacerdote della diocesi di Aosta, parroco di Bard, Donnas, Hône e Vert.
Domenica 1° Gennaio
Buon 2023! Il primo giorno dell’anno, la Chiesa ci fa celebrare la solennità di Maria Madre di Dio, la prima festa mariana comparsa nella Chiesa occidentale circa intorno al VI secolo probabilmente in concomitanza con la dedicazione di una delle prime chiese mariane di Roma. Tra le letture proposte dalla liturgia mi soffermo sulla seconda, tratta dalla lettera di san Paolo ai Gàlati e in particolare su questo passaggio: “che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: Abbà! Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio”. E’ bello e rincuorante cominciare un nuovo anno ricordandoci chi siamo davvero per Dio: suoi figli e non servi sottomessi perciò questo deve invogliarci ad intessere un rapporto più sereno e libero con Lui, è un invito a non vivere la fede come una galera ma come un toccasana per l’anima. La vita è già dura di suo, con le sue prove, fatiche ed imprevisti, se anche la fede dev’essere qualcosa di pesante tanto vale lasciar perdere ed optare per l’ateismo. Con questo non vuol dire che il cammino di fede non preveda anche momenti di salita, di prova, di aridità, non è sempre una passeggiata di salute ma l’atteggiamento di fondo dev’essere quello di una relazione bella e serena con Dio, fondata sulla fiducia e non sul terrore rapportandoci non come se avessimo a che fare con un despota o un tiranno da tenere buono. Iniziamo il 2023 riscoprendo che siamo figli di Dio e non schiavi e perciò viviamo la fede e le pratiche che ne conseguono non come un fardello da portare o delle cose da fare sennò Dio ci punisce. Impariamo a pregare non per tenercelo buono ma come occasione per stare con Lui, per ricordarci che il Signore c’è, abita in noi e ci vuole bene e per questo è pronto a sostenerci in ogni situazione perchè Lui non ci evita i problemi ma ci aiuta ad affrontarli. Per diversi motivi corriamo il rischio di vivere da schiavi: perché non sappiamo vivere il lavoro con equilibrio, perché troppo oppressi dall’efficientismo, perché troppo severi con noi stessi, perché lasciamo che il giudizio e le aspettative degli altri ci schiaccino, perché schiavi dell’io, della nostra immagine, ci ciò che possediamo, dei social o di qualche vizio e potrei continuare a stilare un lunghissimo elenco delle nostre piccole o grandi schiavitù, evitiamo però che la fede rientri tra queste, la fede invece dev’essere un polmone che ci permette di prendere una boccata d’aria nella frenesia e nella complessità dell’esistenza. Il coltivare la vita spirituale, il pregare, l’andare a Messa, i sacramenti, il compiere le pratiche religiose che più ci piacciono non siano animate dalla paura, dai sensi di colpa o ancora peggio dal fanatismo religioso ma siano espressione del cercare di intrattenere una relazione di amicizia, ancor di più di figliolanza con Dio perché Lui ci considera suoi amici, suoi figli così come ci ha rivelato Gesù. Questo vale anche nel caso di Maria, all’inizio dell’anno la celebriamo in quanto Madre di Dio e in quanto tale vuol dire che è anche nostra Madre e non matrigna o padrona. Per completare il commento aggiungo anche il contributo dell’arte che è di grande aiuto per parlare alla nostra anima, alla nostra interiorità. Nudo blu del 1952 è un’opera di Henri Matisse (1869-1954), nata dai suoi papiers découpés che, dopo una grave malattia, divengono l’unico modo che l’artista francese aveva per continuare a creare, realizzando composizioni tagliando la carta dove il colore e le forme semplici danno vita a opere cariche di ritmo, armonia e semplicità, riuscendo a dire tutto con poco. La figura blu ci suggerisce come dovrebbe essere la nostra fede: leggera e semplice senza per questo banalizzarla o svilirla, dove la preghiera non è un fardello bensì una danza per gettarci a braccia aperte in Dio nudi, senza veli e finzioni per lasciarci accogliere così come siamo. Un buon impegno per l’anno nuovo può essere quello di provare a vivere la fede con una sana leggerezza, con l’atteggiamento del figlio e non dello schiavo sottomesso: preghiamo per il gusto di incontrarci con il Signore, partecipiamo alla Messa non per assolvere un precetto e mettere così a tacere i sensi di colpa, facciamo le pratiche di devozione che più preferiamo quali rosario, via crucis e novene non per sentirci cristiani migliori di altri, non per conquistarci l’amore e la stima di Dio o perché qualche santone ha detto che se non fai quella preghiera non ti salvi. Come ci ricorda il Vangelo, al Figlio di Dio viene dato il nome Gesù che significa: Dio salva. Non sono le nostre preghiere e le pratiche religiose in sé stesse che ci salvano ma il fatto che queste ci agganciano a Cristo e al suo amore perchè è Lui che salva!
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