Nuove sconcertanti verità emergerebbero dalle intercettazioni e dalle indagini sulle torture in carcere alle Vallette di Torino. Anche se il comandante Giovan Battista Alberotanza aveva messo in guardia i suoi uomini di non parlare al telefono, qualche allusione a quanto accadeva dietro le sbarre del penitenziario, nelle conversazioni famigliari, trapelava lo stesso. "Andiamo a dare i cambi che oggi mi sto divertendo ", diceva ad esempio Simone Battisti alla fidanzata il 16 ottobre del 2019. "A menare? ", rispondeva lei, lasciando ipotizzare che quella fosse una sorta di abitudine.
Nel padiglione C del carcere delle Vallette si trova chi è colpevole di reati sessuali. E gli agenti custodi della loro carcerazione diventavano delle sorte di "giustizieri". Un detenuto, Daniele Caruso, affermava che una frase ricorrente dei secondini era "Ti ammazzerei e invece devo tutelarti ". Durante un trattamento sanitario obbligatorio gli agenti gli sputavano addosso e lo colpivano con pugni al volto; dopo quell'episodio Caruso sarebbe stato costretto a dichiarare di essere stato picchiato da un compagno di cella, per non subire ulteriori ritorsioni. Secondo gli agenti del nucleo investigativo della polizia penitenziaria, trattamenti del genere erano all'ordine del giorno, si trattava attività sistematica volta a instaurare un clima di intimidazione. Nelle indagini sono stati ricostruiti almeno almeno undici casi come quello di Caruso, che hanno portato alla notifica di 23 avvisi di garanzia agli agenti e, con accuse più lievi, al direttore del Lorusso e Cutugno, Domenico Minervini e al comandante Giovan Battista Alberotanza, per aver ostacolato le indagini.
Per un po' le torture all'interno del carcere sono continuate, ma a partire dal 2017 ha iniziato a rompersi il muro di omertà. Gli interlocutori, soprattutto donne che venivano dall'esterno, hanno cominciato a segnalare quel che accadeva. Due psicologhe si sono viste anche revocare l'incarico. E la garante Monica Gallo, sottoposta a intimidazioni e minacce, aveva segnalato i fatti in procura.
Dopo i primi sei arresti, la situazione si era ritorta contro gli agenti con il suicidio in cella di un detenuto con problemi psichici. Roberto del gaudio, arrestato per aver ucciso la moglie con 30 coltellate, doveva essere sottoposto a sorveglianza continua, ma quando gli agenti sono entrati nella sua cella era già morto, impiccato al letto con un lenzuolo. Parlando tra loro al telefono gli agenti commentavano che quel fatto non sarebbe mai dovuto accadere, data la presenza di tre agenti in servizio. Ma nella VII sezione, quella dei detenuti con problemi psichici sorvegliati h24 dalle telecamere, "era consuetudine - dicevano - che gli agenti portassero le schede pay- tv da collegare ai monitor di sorveglianza per guardare la partita di calcio " . Proprio la sera dei suicidio si giocava la partita di serie A tra Juventus e Milan. Nulla di ciò è mai stato denunciato
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