La storia statunitense è piena di episodi che hanno visto coloro che dovrebbero rappresentare la giustizia accanirsi ingiustamente contro gli afroamericani. La vicenda Floyd fa riaffiorare alla mente uno di questi: la condanna di Rubin Carter, un pugile incarcerato per 19 anni a causa di un omicidio che non aveva commesso. Cantore illustre di questa storia è Bob Dylan, che attraverso le undici strofe della sua Hurricane del 1976 mostra tutta la sua indignazione nei confronti del razzismo che tuttora persiste in America. Il brano si eleva al di sopra delle tante canzoni di protesta di Dylan non solo per la sua interessante componente musicale, all’interno della quale spicca un insolito violino, ma soprattutto per la grande interpretazione del Menestrello, che sfrutta magistralmente il suo iconico timbro nasale per trasmettere la sua rabbia.
Quindi questa è la storia di Hurricane, che sarà scarcerato nove anni dopo l’uscita di questa canzone, per un totale di diciannove passati in galera, anni in cui sarebbe potuto essere campione del mondo ma che gli sono stati strappati ingiustamente. Terribile constatare come questa canzone, uscita 44 anni fa, sia ancora attuale, e come storie quali quella di Rubin Carter siano riconducibili a vicende di oggi come quella di George Floyd, “An innocent man in a living hell”.
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