PUCCINI: "Edgar" dramma lirico in 3 atti (1889). A cura di Guido Ennio MOLINARI. Parte I.
Il felice esito conseguito nel 1884 dalle "Villi", indusse l'editore Giulio Ricordi a commissionare a Puccini una nuova opera da rappresentare al Teatro alla Scala; fu scelta Edgar, su libretto del poeta milanese Fontana, liberamente ispirato al dramma in versi di Alfred de Musset (1810-1857) “La coupe et les lèvres”. Il librettista trasportò l’azione dal Tirolo alle Fiandre medievali e si concentrò tutto sugli elementi melodrammatici, evidenziando soprattutto le scene spettacolari: Edgar che dà fuoco alla sua casa, il suo finto funerale col conseguente colpo di scena, la pugnalata finale alla dolce Fidelia. Se nelle Villi Fontana aveva offerto a Puccini un’azione ridotta ai minimi termini, con Edgar fece l’opposto. I personaggi di Fontana, privati dell’aura di misticismo che li circonda in Musset, son diventati figure terra a terra, ritratte in 'bianco e nero'. Le due eroine son ribattezzate Fidelia e Tigrana, nomi che con grazia elefantiaca alludono ai propri rispettivi caratteri. Fontana scelse il dramma di Musset perché la trama somigliava quella della CARMEN e il libretto accentuò ancora questa somiglianza: la donna mora fatale, Tigrana, corrisponde alla gitana di Bizet, Fidelia a Micaela, Edgar a Don José, mentre Frank, nome originario in Musset, al Toreador. Ma Fontana cercò di superare i librettisti di Bizet e intrecciò alla storia il tema della redenzione morale prendendolo dal Tannhäuser, ma immergendolo in un’atmosfera da “Trovatore”. Però la sua elaborazione ebbe la sua utilità: costrinse Puccini ad accostare un soggetto molto più drammatico di le Villi. Per giustificarlo che con i suoi violenti contrasti di personaggi e situazioni annunciava l’avvento del verismo (la Cavalleria rusticana è del 1890) egli dovette necessariamente arricchire la sua tavolozza.Tigrana, comunque è piena di caratteri verdiani piuttosto che pucciniani. E a ciò dobbiamo in primo luogo se Puccini massacrò la sua parte nel 1892, mentre lasciò intatta quella della dolce Fidelia. Ella è leggiadra con una musica tenera e appassionata che porta l’autentico sigillo del lirismo pucciniano. Si presenta con una graziosa pastorale «Oh, fior del giorno»: poi la sua aria del 3° atto «Nel villaggio». Un’altra aria ispirata è «Addio, mio dolce amore», sempre nel 3° atto. La composizione durò oltre 3 anni (tra il 1886-87 a Monza, e a Caprino Bergamasco) ed il nuovo lavoro vide la luce il 21 aprile 1889 diretto da Franco Faccio (1840-1891) alla Scala: fu accettata con riserve.
Spinto da Ricordi, Puccini revisionò la partitura in vista di una ripresa. Abbreviata, specie nell'atto IV, ma ampliata nell'atto II da una più estesa stretta di concertato e da una nuova, breve scena finale affidata al personaggio di Tigrana, l'opera fu pubblicata nella riduzione per canto e pf nel gennaio 1890. Ma la ripresa ebbe luogo solo nel settembre 1891, al Teatro del Giglio di Lucca, dopo ulteriori modifiche, con successo pieno.
Dopo tale ripresa fu decisa la soppressione del 4° atto, chiesta da Ricordi e realizzata nell'autunno del 1891. Puccini tagliò molti episodi e ridusse drasticamente il 2° atto. In questa forma, nel 1892 l'opera andò in scena in 4 teatri con esiti alterni.
Trama. 21:00 Atto I. 1302. Un villaggio delle Fiandre nei pressi di Courtray. È l'alba. Subito musica d'atmosfera. Il motivo iniziale assomiglia a un passaggio del 4° mov. della “Sinfonia n.3 nella foresta” di J.J.RAFF del 1869 (22:16). Suono lontano di campane e rintocchi di glockenspiel. Poi intervento del coro misto (22:46). Aria d Fidelia: “O fior del giorno, salve alba serena, speranza ed esultanza!”. Poi vede Edgar addormentato davanti alla taverna e lo chiama, svegliandolo. (25:16). Il giovane Edgar, nonostante l'affetto per la dolce Fidelia, non riesce a resistere al fascino della provocante Tigrana, una zingara dal passato misterioso, cresciuta orfana, allevata dalla gente del paese. Tigrana dice a Edgar: “Ah,AH..Tu qui! (30:10).
Uscendo dalla chiesa una processione di villani canta: “Dio benedice gli umili quaggiù. Viver può sol felice Chi segue la virtù...Signor, noi non affanna Brama di gloria e d’ôr, Ma fa che ogni capanna Abbia un raggio d’amor! Ave, Signor!.Non gloria ed ôr noi ti chiediamo ma pace e amor!”(33:29). Segue il canto irriverente di Tigrana, che intona una canzone blasfema. Dice: «Tu il cuor mi strazii.Io muoio! Che feci a te, crudel?Belava all’avoltoio Nell’agonia l’agnel.Ghignando il re dei venti Disse al morente allor: Oh, stupidi lamenti! Così volle il Signor! Agnellin, fai pietà! (ride)». Ciò provoca lo sdegno degli abitanti del villaggio che vogliono scacciare Tigrana (35:04).
In difesa della zingara accorre Edgar che, in preda ad una folle esaltazione, afferra una torcia e appicca il fuoco alla propria casa (36:40); quindi, allontanata da sé Fidelia, fugge con Tigrana, desideroso di fare una vita di dissolutezze (40:19) Il 1° atto termina in sib minore.
