Ogni volta che un tarantato esibiva i sintomi associati al tarantismo, dei suonatori di tamburello, violino, organetto, armonica a bocca ed altri strumenti musicali, andavano nell’abitazione del tarantato oppure nella piazza principale del paese. I musicisti cominciavano a suonare la pizzica, una musica dal ritmo sfrenato, il tarantato cominciava a danzare per lunghe ore sino allo sfinimento. La credenza voleva infatti che, mentre si consumavano le proprie energie nella danza, anche la taranta si consumasse e soffrisse sino ad essere annientata. Il ricorso a S. Paolo è effetto della sovrapposizione del culto cristiano a quello molto più antico pagano dei serpenti. Anche la tarantola rappresenta un animale totemico le cui origini si perdono nella notte dei tempi e sono anteriori al menadismo, al coribantismo ed alle feste dionisiache a cui il tarantismo rimanda per gli aspetti orgiastici. Una volta, infatti, le donne che subivano frustrazioni per eccesso di fatica, povertà o tabù sessuali, non potevano fare altro che rivolgersi a S. Paolo per liberarsi dal male. San Paolo, in particolare, era considerato il Santo dei poveri e il protettore dagli animali striscianti ( serpenti, scorpioni, ragni, e quindi anche la tarantola ). Il tarantismo (o tarantolismo) è una sorta di esorcismo popolare che, sin dal lontano medioevo, spinge uomini e donne, che si ritengono morsi dalla tarantola ( grosso ragno ancora esistente nel territorio), a recarsi il 29 giugno in pellegrinaggio al pozzo presso la chiesetta di San Paolo a Galatina per essere liberati definitivamente dagli effetti del veleno che provoca nel malcapitato, un languore mortale da cui si può essere liberati solo per mezzo della musica e dei colori. Da qui l’uso di nastrini colorati (chiamati zagarelle) da legare al polso e di una musica ossessiva (la pizzica) che induce ad una danza sfrenata intorno al pozzo la cui acqua è considerata simbolo di purificazione.
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