È al di là del visibile, oltre l’ultravioletto, in quella porzione dello spettro elettromagnetico che va dai raggi X su fino ai raggi gamma, che è possibile apprezzare i fenomeni più estremi dell’universo. È il cielo delle alte energie, e la sua scoperta porta la firma di astrofisici come Beppo Occhialini e Bruno Rossi, fra i primi al mondo a voler osservare l’universo in raggi X e gamma, e del premio Nobel Riccardo Giacconi, autore della scoperta della prima sorgente extraterrestre nota di raggi X.
Uno fra i risultati tangibili di questa scuola è stata la missione italo-olandese Beppo-Sax, che sul finire degli anni Novanta ha dato un contributo fondamentale allo studio dei lampi gamma. E questa dell’astrofisica delle alte energie è oggi per l’Italia un’eredità più vivace che mai. Il coinvolgimento dei ricercatori dell’Inaf nelle grandi missioni spaziali X e gamma – tanto in quelle della Nasa, come Chandra, Fermi e NuStar, quanto in quelle dell’Agenzia spaziale europea, come Integral – il coinvolgimento delle ricercatrici e dei ricercatori dell’Inaf in queste missioni, dicevamo, è a tutto campo: nell’ideazione e progettazione degli strumenti, nello sviluppo e gestione del software e dell’hardware, sia di bordo che di terra, e ovviamente nello sfruttamento scientifico dei dati.
Imprescindibile il contributo italiano – in particolare della Media Lario di Bosisio Parini, in provincia di Lecco – alla progettazione e costruzione degli specchi a incidenza radente impiegati su tutti i principali telescopi X oggi in attività, dal rapidissimo cacciatore di lampi gamma Swift della Nasa al versatile Xmm-Newton dell’Esa, fino all’osservatorio spaziale a sette specchi eRosita del Max Planck tedesco, in orbita dal 2019, e al futuro Athena dell’Agenzia spaziale europea, il cui lancio è in calendario per la fine del prossimo decennio.
Sempre sensibile ai raggi X, ma specializzato nel rivelare e misurare una loro proprietà ben precisa e di enorme interesse scientifico – la polarizzazione – c’è poi il satellite Ixpe (l’Imaging X-ray Polarimetry Explorer): lanciato il 9 dicembre del 2021 e frutto di una collaborazione tra la Nasa e l’Asi, ha un cuore tutto italiano: i tre Gas pixel detector, rivelatori innovativi ideati dai ricercatori dell’Inaf e dell’Infn, in grado di fornire nuove informazioni sui meccanismi di emissione, la geometria degli oggetti compatti e la configurazione dei campi magnetici attorno alle sorgenti X celesti.
Infine c’è Agile, il piccolo Astrorivelatore Gamma a Immagini ultra Leggero, questo il significato dell’acronimo. Piccolo e ultraleggero fino a un certo punto: in orbita dal 23 aprile 2007, protetto dal suo cappottino bianco, benché di dimensioni ridotte – lo strumento è racchiuso in un cubo da 60 cm di lato per circa 85 kg di peso – e costo attorno ai 100 milioni di euro, dunque incredibilmente contenuto per una missione spaziale, Agile è un signor satellite, autore di scoperte e osservazioni fondamentali – dai lampi di raggi gamma terrestri di brevissima durata alla natura dell’emissione gamma proveniente dal cuore della Nebulosa del Granchio. Risultati che gli sono valsi riconoscimenti internazionali prestigiosi, come il premio scientifico “Bruno Rossi” dell’American Astronomical Society per l’astrofisica delle alte energie. Ed è un satellite interamente italiano. In ogni sua parte: realizzato e gestito dall’Asi con il contributo dell’Inaf e dell’Infn, che ne hanno ideato e progettato i due rivelatori a immagini, operanti simultaneamente nelle bande X e gamma, il minicalorimetro e il sistema di anticoincidenza, nonché il sistema di gestione dei dati a bordo e persino la app, unica nel suo genere, in grado di fornire sullo smartphone degli astrofisici la mappa del cielo gamma in tempo record: appena due ore dalla rivelazione in orbita.
Lampi di raggi gamma cosmici e terrestri, dunque, pulsar, magnetar e altre stelle di neutroni, resti di supernove, galassie dal nucleo attivo e ammassi di galassie, buchi neri, stellari e supermassicci… osservato nei raggi X e gamma l’universo offre uno spettacolo ininterrotto di getti relativistici, esplosioni, fusioni, distruzione e metamorfosi. Uno spettacolo che senza questi telescopi in orbita al di là dell’atmosfera ci sarebbe del tutto sconosciuto.
Servizio di Marco Malaspina
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