Il protagonista di "Sweet Sixteen" (regia di Ken Loach, 2002, UK) è un adolescente sottoproletario, Liam, che accetta di far parte di una banda di criminali. Ha un sogno: disporre di una casa per sè e per la madre. Nella scena proposta Liam sta aspettando la madre fuori dalla prigione in cui era stata rinchiusa per reati legati alla droga. Dovrebbe essere una scena centrale, in cui il regista cerca di toccare le corde emotive del pubblico. In realtà Loach sceglie di mostrarci l'attesa di Liam in PIANO MEDIO e addirittura di allontanarsi in CAMPO MEDIO per rappresentarne l'incontro con la madre. In questo modo le emozioni del pubblico non vengono "consumate". Quell'incontro infatti è fondamentale per Liam, dal punto di vista del quale il film però si vuole allontanare. La madre non è cambiata, le cose non muteranno, le scelte di Liam sono sbagliate. E il tipo di grandezza scalare adottata da Ken Loach anticipa questa risoluzione.
"Il linguaggio cinematografico" (autore: Michele Corsi, Hoepli ed. Milano, 2022).

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